martedì 10 febbraio 2009

FOIBE?...RIAPRIAMOLE!

10 Febbraio giorno della memoria per le vittime delle foibe,biscottino dolciasto che il regime ha donato ai nostalgici ed ai revisionisti fascisti.
In questo post voglio dare un'informazione giusta su quello che è avvenuto a ridosso degli anni che hanno coinciso con il secondo conflitto mondiale nelle zone a ridosso del confine italiano con quello ex-Yugoslavo.
Dal numero preciso sui cadaveri scoperti alla loro appartenenza etnica e politica gli storici si sono sempre divisi,cadaveri presenti addirittura dagli anni della grande guerra fino a foibe "leggendarie",per arrivare a foibe colme di cadaveri che però nella stragrande maggioranza avrebbero avuto motivo di star lì a marcire.
Sicuramente degli innocenti sono stati inghiottiti dalle cavità della terra,ma d'altronde quale guerra non miete vittime inermi e non colpevoli?
Negli articoli seguenti considerazioni sulla mediaticità che ultimamente questo tema ha avuto(non per fatto che se ne parli,ci mancherebbe perchè è un fatto storico,ma nel senso che lo si strumentalizza per propaganda fascista),articoli tratti dal libro"Operazione foibe a Trieste"di Claudia Cernigoi ed un'intervista alla storica Alessandra Kersevan,il tutto coordinatodal lavoro di Ivano Scacciarli e Fabio Trotterro di "Senza Soste".
Ma prima di tutto un dichiarazione di Mussolini sugli slavi e quello che l'Italia fascista pensava e pensa ancora di loro,poi le conseguenze si sono viste..(fonte Wikipedia).
Ce ne sarebbero non solo di foibe da riaprire per tutte le teste di cazzo che abbondano ormai in Italia,laghi,strapiombi,cave...tanti posti per tanti fasci!
L'italianizzazione fascista.

« Di fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. [...] I confini dell'Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani »
(Benito Mussolini, discorso tenuto a Pola il 24 settembre 1920).

La situazione degli slavi si deteriorò con l'avvento al potere del fascismo, nel 1922. Fu infatti varata in tutta Italia una politica di assimilazione delle minoranze etniche e nazionali, che prevedeva l'italianizzazione di nomi e toponimi, la chiusura delle scuole slovene e croate e il divieto dell'uso della lingua straniera in pubblico. Simili politiche di assimilazione forzata erano all'epoca assai comuni, ed erano applicate, fra gli altri, anche da paesi democratici (come Francia e Regno Unito). Da notare che furono adottate dalla stessa Jugoslavia, dove si verificarono anche episodi di repressione violenta.
L'azione del governo fascista annullò l'autonomia culturale e linguistica di cui le popolazioni slave avevano ampiamente goduto durante la dominazione asburgica e incrementò i sentimenti di inimicizia nei confronti dell'Italia.
Le società segrete irredentiste slave, preesistenti allo scoppio della Grande Guerra, si fusero in gruppi più grandi, a carattere nazionalista e comunista, come la Borba e il TIGR, che si resero responsabili di numerosi attacchi a militari, civili e infrastrutture italiane. Alcuni elementi di queste società segrete furono catturati dalla polizia italiana e condannati a morte dal tribunale speciale per terrorismo dinamitardo.
Anche la residua minoranza italiana in Dalmazia subì delle crescenti vessazioni, nonostante la Convenzione di Nettuno del 1925 ne avesse regolato la condizione.
Foibe, la giornata dell'ipocrisia e della strumentalizzazione.
Parlare del paziente lavoro documentario di studiosi come Claudia Cernigoi, Alessandra Kersevan e tanti altri sulla vicenda delle foibe istriane non è solo un'operazione di precisazione storiografica. E neanche solo un occasione per distinguere questi lavori dalla paradossale accusa di negazionismo: dove quest'ultimo nega la mole documentaria in nome dell'estrapolazione di qualche dettaglio lo storiografo la assume tutta e nella sua complessità.
Non si tratta di nemmeno un'occasione per fare storia, anche se ce ne sarebbe un gran bisogno, rimettendo al centro dell'attenzione eventi già a lungo discussi quando la storiografia del '900 italiano è tutta da riscrivere. Parlare di questo lavoro documentario è invece mettere in evidenza lo sbarco di Orwell in Italia, che con l'invenzione della giornata del ricordo ha scritto un capitolo sinistro della verità istituzionale che si fa verità di fatto in concorso con il potere mediale.
Infatti, la vicenda delle foibe dopo l'entrata dei partigiani jugoslavi a Trieste è ristretta a decine di casi, e non a migliaia come deciso dalla verità mediale, è episodica e non ha i caratteri ne' qualitativi ne' quantitativi della pulizia etnica pianificata (ci sono infoibati per pure vendette personali ad esempio).
Il ristretto numero di infoibati spiega per esempio il fatto di come gli intervistati in tv siano quasi sempre esuli o parenti di esuli istriani e non parenti di infobati (che, se fossero stati migliaia, avrebbero avuto un numero superiore di parenti a testimonianza). C'è da chiedersi come sia avvenuto tutto questo, come sia potuto accadere che si sia potuto, non tanto cambiare interpretazione sui fatti, ma produrre una vera e propria storia parallela di questo paese che è diventata verità istituzionale e indiscussa. Tanto che l'attenzione mediale, ma anche la didattica nelle scuole, al 10 febbraio è persino superiore a quella nei confronri 25 aprile. E tutto attorno a migliaia di infoibati che, fortunatamente, non sono mai stati tali.
C'è davvero da chiedersi come si sia naturalizzato quest'evento che rovescia la verità storica su quanto avvenuto sul fronte orientale dove gli italiani diventano martiri del terrore venuto da est quando invece hanno invaso la Jugoslavia, come responsabili diretti di decine di migliaia di morti e corresponsabili dell'invasione nazista di quel paese che ha causato oltre un milione di morti e innumerevoli episodi di indescrivibile atrocità.
Tra le spiegazioni possibili ci sta il potere mediale sulla storia, che è una novità dell'ultimo ventennio che gli storici hanno imparato sulla loro pelle, ma anche il declino della capacità della politica di avere una propria idea di storia dopo la crisi delle grandi narrazioni. Da quando si è fatta funzione del mediale la politica ha perso contatto con la ricerca e con la capacità di analizzare il passato. Il problema è che il potere di significazione del passato, che produce qualcosa di esemplare che vale per il futuro, è stato assunto dal mediale che ha cominciato a produrre storia.Dal punto di vista istituzionale questa è stata l'occasione per fare una storia che guarda direttamente alla politica del presente. Creando eventi che mettono in secondo ordine l'origine della costituzione nella lotta partigiana si sono poste le premesse storiografiche per il suo sgretolamento da destra, per un nuovo assetto costituzionale decisionista e liberista. E i teorici dell'"uscita dal '900", nella fretta di sbarazzarsi di un patrimonio storico e nel tentativo di traghettarsi in ogni porto, hanno contribuito ad accellerare questo processo che di emancipatorio non ha proprio nulla e porta le inquietanti caratteristiche dell'invenzione statale e mediale della verità. E siamo arrivati a chi ha tutto da perderci in questo emergere di un nemmeno tanto informale ministero della verità: eppure leggi di esponenti verdi che parlano di "pulizia etnica" dei "comunisti" come se fosse successo davvero, per non parlare del presidente della Camera che qualche mese fa ha tenuto un convegno dove, equiparando i gulag a questo fenomeno mai esistito in questi termini, neanche si è soffermato un attimo sulle fonti documentarie.Per l'occasione di questa inventata giornata del ricordo incollo quindi il link dell'intero libro "Operazione foibe" di Claudia Cernigoi.http://www.pasti.org/foibets.htmlLe fonti documentarie su questa invenzione sono state aperte. Spetta ora agli studiosi di storia delle comunicazioni di scrivere "Orwell in Italia, l'invenzione delle foibe". Se il testo della Cernigoi ci aiuta a capire il passato, questo testo da scrivere ci aiuterebbe per il futuro. E ne avremmo un gran bisogno.

"Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato"
George Orwell.
Foibe e Fobie.

Storia di uno dei più grandi falsi storici italiani.

Il 10 febbraio è stato deputato dal governo revisionista e postfascista Berlusconi quale giorno della memoria volto a commemorare il presunto eccidio di migliaia di innocenti cittadini colpevoli solamente di essere italiani e per questo brutalmente trucidati dai partigiani comunisti jugoslavi. Documentari, libri, saggi, fiction sono proliferate per confermare questa tesi, ognuna delle quali aggiungendo sempre qualche episodio raccapricciante e aumentando esponenzialmente il numero delle vittime, tanto che oggi molti parlano addirittura di oltre 16mila infoibati e 300mila italiani fuggiti dall’Istria e dalla Dalmazia. Tutto è sempre stato preso per vero in nome di un’italianità che non può e non deve essere contraddetta, ma la maggioranza dell’opinione pubblica, narcotizzata dai media fascisti e borghesi, non si è mai presa la briga di controllare la veridicità dei fatti e delle fonti. Ma una ricostruzione storica più seria e veritiera ci svela altre verità. Andiamo quindi con ordine.
Non possiamo scindere il fenomeno delle foibe con il fascismo di frontiera, la violenta segregazione razziale subita dagli slavi abitanti i territori friulani, dalla feroce occupazione italiana dei territori jugoslavi e dagli aberranti crimini di guerra di cui le truppe fasciste si resero protagoniste. Tutti questi elementi, cioè deportazioni massicce in campi di concentramento, omicidi, stupri, torture, la distruzione sistematica di abitazioni e di tutto ciò che non era italiano, non fece altro che fomentare l’odio nei riguardi dei fascisti. Naturalmente si formò un vasto e organizzato movimento di resistenza dove confluirono congiuntamente italiani e jugoslavi che combatterono fianco a fianco fino alla fine dell’ostilità. Con l’annuncio dell’armistizio, l’8 settembre 1943, le popolazioni dell’Istria insorsero contro i nazisti e i loro alleati repubblichini. La repressione dei nazifascisti fu terribile, tanto che numerosi storici valutano i morti di questa repressione attorno alle 10mila persone.
Questo fatto non è scollegato dal tema-foibe in quanto gli pseudostorici revisionisti fanno risalire la prima ondata di infoibamenti proprio all’indomani dell’armistizio e utilizzano come persone uccise dai partigiani le stesse persone che furono uccise dai nazifascisti. Il maresciallo Arnaldo Harzarich, sottoufficiale dei Vigili del fuoco di Pola, incaricato dalle autorità naziste nell’ottobre del 1943, riesumò 204 salme. Se pensiamo quindi che l’insurrezione partigiana durò circa un mese e che la popolazione istriana era di 500mila persone di cui la metà italiana, possiamo affermare che anche prendendo per buone le stime dei revisionisti di 500 infoibati, questo non rappresentò un atto antitaliano ma antifascista. Questo perché gli insorti, se avessero voluto, in un mese avrebbero potuto massacrare migliaia di italiani.
L’altra tranche di infoibati la più numerosa, avvenne a guerra terminata con l’occupazione da parte delle truppe titine della città di Trieste. Nei 45 giorni di occupazione jugoslava, secondo i vari storici revisionisti che tra le altre cose appartengono quasi tutti all’area dell’estrema destra triestina, si scatenò un vero e proprio pogrom contro tutti gli italiani friulani fascisti e non. Anche questo fatto non corrisponde assolutamente alla verità dei fatti. Infatti verranno inserite nelle liste degli infoibati sia persone scomparse durante il periodo bellico che persone arrestate e tradotte nei campi di prigioni situati in Slovenia. La maggior parte di coloro che effettivamente furono infoibati risultarono essere fascisti che si macchiarono di agghiaccianti crimini contro partigiani e antifascisti. Molto importanti furono gli scavi che gli angloamericani effettuarono nel 1948, in piena guerra fredda, in alcune foibe. Non fu trovato niente da usare come propaganda anticomunista, ma furono trovate armi della prima e della seconda guerra mondiale e corpi di molti soldati tedeschi.
Concludendo, non possiamo onorare e celebrare chi tradiva, spiava, torturava e uccideva in nome della razza, del fascismo e dalla nazione, ma ci sentiamo di onorare e glorificare solamente coloro che hanno combattuto in nome e per le masse popolari.
Intervista alla storica Kersevan sulle foibe.

Non è mai stato semplice trattare la questione delle foibe: stereotipi consolidati, revisionismo, metodologie di lavoro inesatte e giochi politici dei vari schieramenti hanno sempre invaso il terreno della ricerca storiografica. In questi ultimi anni è stata ottenuta la costruzione di una verità ufficiale, fin troppo sbrigativa e di comodo, che ha dato il via a commemorazioni, monumenti, lapidi, intitolazioni di strade. Alessandra Kersevan, ex insegnante ed oggi paziente ricercatrice di storia e cultura della sua regione, il Friuli, da anni lavora al recupero della memoria storica in merito agli avvenimenti del confine orientale.

A Trieste la storia non comincia il 1° maggio 1945…
Sembra un'osservazione banale, eppure occorre ricordare che il fascismo in questa regione è stato più violento che in qualsiasi altra parte d'Italia: sloveni e croati, oltre cinquecentomila persone che abitavano le terre annesse dallo stato italiano dopo la prima guerra mondiale furono oggetto di persecuzioni razziali e ogni tipo di angherie: divieto di usare la loro lingua, chiusura delle scuole, delle associazioni ed enti economici sloveni e croati, arresto degli oppositori, esecuzioni di condanne a morte decise dal Tribunale Speciale. Con l'aggressione nazifascista alla Jugoslavia, nel 1941, la nostra regione divenne avamposto della guerra e le persecuzioni contro sloveni e croati, anche cittadini italiani, divennero ancora più gravi: interi paesi furono deportati nei campi di concentramento come Arbe/Rab, oggi in Croazia, ma allora annessa all'Italia dopo l'aggressione alla Jugoslavia, Gonars in provincia di Udine, Renicci di Anghiari in provincia di Arezzo, Chiesanuova di Padova, Monigo di Treviso, Fraschette di Alatri in provincia di Frosinone, Colfiorito in Umbria, Cairo Montenotte in provincia di Savona e decine e decine di altri, praticamente in tutte le regioni d'Italia. Fra 7 e 11 mila persone, donne, uomini, bambini, intere famiglie, morirono in questi campi, di fame e malattie. A Trieste nel 1942 fu istituito per la repressione della resistenza partigiana l'Ispettorato Speciale di Polizia per la Venezia Giulia, che si macchiò di efferati delitti contro gli antifascisti in genere, ma soprattutto contro sloveni e croati.

Da chi è stato inaugurato l'uso delle foibe?
Ci sono testimonianze autorevoli (per esempio dell'ispettore di polizia De Giorgi, colui che nel dopoguerra fu incaricato dei recuperi dalle foibe) che furono proprio uomini dell'Ispettorato speciale, in particolare quelli della squadra politica, la cosiddetta banda Collotti, a gettare negli "anfratti del Carso" degli arrestati che morivano sotto tortura. Andando più indietro nel tempo, già durante la prima guerra mondiale, che fu combattuta soprattutto in queste terre, le foibe venivano usate come luogo di sepoltura "veloce" dopo le sanguinose battaglie, e nell'immediato dopoguerra i fascisti pubblicavano testi di canzoncine in cui si minacciava di buttare nelle foibe chi si ostinava a non parlare "di Dante la favella".

Definiamo le foibe. Chi ci è finito dentro?
Nelle foibe non sono finite donne e bambini, i profili di coloro che risultano infoibati sono quasi tutti di adulti compromessi con il fascismo, per quanto riguarda le foibe istriane del '43, e con l'occupatore tedesco per quanto riguarda il '45. I casi di alcune donne infoibate sono legati a fatti particolari, vendette personali, che non possono essere attribuiti al movimento di liberazione. Va detto inoltre che i numeri non sono assolutamente quelli della propaganda di questi anni: è ormai assodato che in Istria nel '43 le persone uccise nel corso della insurrezione successiva all'8 settembre sono fra le 250 e le 500, la gran parte uccise al momento della rioccupazione del territorio da parte dei nazifascisti; nel '45 le persone scomparse, sono meno di 500 a Trieste e meno di 1000 a Gorizia, alcuni fucilati ma la gran parte morti di malattia in campo di concentramento in Jugoslavia. Uso il termine "scomparsi", ma purtroppo è invalso l'uso di definire infoibati tutti i morti per mano partigiana. In realtà nel '45 le persone "infoibate" furono alcune decine, e per queste morti ci furono nei mesi successivi dei processi e delle condanne, da cui risultava che si era trattato in genere di vendette personali nei confronti di spie o ritenute tali. Insomma se si va ad analizzare la documentazione esistente si vede che si tratta di una casistica varia che non può corrispondere ad un progetto di "pulizia etnica" da parte degli jugoslavi come si è detto molto spesso in questi anni.

Che cosa significa oggi commemorare i morti delle foibe?
Commemorare i morti nelle foibe significa sostanzialmente commemorare rastrellatori fascisti e collaborazionisti del nazismo. Per gli altri morti, quelli vittime di rese dei conti o vendette personali, c'è il 2 di novembre.

Gli studiosi delle foibe. Chi sono?
Sono di svariati generi. Quelli che noi chiamiamo un po' ironicamente i "foibologi" sono tutti esponenti della destra più estrema, alcuni, come Luigi Papo hanno fatto addirittura parte della milizia fascista in Istria, di coloro cioè che collaborarono con i nazisti nella repressione della resistenza. Altri, più giovani, come Marco Pirina, sono stati esponenti di organizzazioni neofasciste negli anni della strategia della tensione (lui per esempio risulta coinvolto nel golpe Borghese). Poi c'è il filone degli storici che facevano riferimento al CLN triestino (organizzazione non collegata con il CLNAI) che fu il massimo organizzatore dell'"operazione foibe" a Trieste nel dopoguerra. Mentre può essere abbastanza facile capire le manipolazioni della "storiografia" fascista, è molto più difficile difendersi dalle manipolazioni della storiografia ciellenista, perché questi hanno un'aura di antifascismo che fa prendere per buone tutte le cose che scrivono. In realtà leggendo i loro libri ti accorgi che sono citazioni di citazioni da altri libri (spesso memorie di fascisti) non sottoposte a verifica. Il problema è che su tutta questa questione delle foibe ha pesato nel dopoguerra il clima della guerra fredda: voglio ricordare che un importantissimo documento di fonte alleata agli inizi del '46 diceva: sospendiamo, non avendo trovato nulla di interessante, le ricerche nel pozzo della miniera di Basovizza, ma perché gli Jugoslavi non possano dire che è stata tutta propaganda contro di loro, diremo che lo abbiamo fatto per mancanza di mezzi tecnici adeguati. Ha pesato e pesa inoltre molto la questione dei confini, e il sentimento delle "terre ingiustamente perdute", che anche se con toni un po' diversi, coinvolge anche gli storici che fanno riferimento politicamente al centro sinistra. Ci sono però anche tantissimi storici seri. Per "seri" intendo quelli che non si accontentano di quello che è già stato scritto, ma che cercano nuova documentazione, la analizzano, la confrontano con quanto è già stato pubblicato e inseriscono gli avvenimenti nel contesto in cui sono avvenuti. Questo è il metodo storiografico che tutti dovrebbero usare, ma, sembrerà incredibile, nella questione della foibe e dell'esodo anche storici accademici e "blasonati" si sono lasciati andare a metodi da propagandisti più che da storici, preferendo le citazioni di citazioni di citazioni, piuttosto che la fatica della ricerca.

Tratto da da TrentaGiorni, febbraio 2007, pp.80-81.

Nessun commento: