venerdì 6 aprile 2012

IL GIORNO DOPO LA DISFATTA

Cavalcando l'onda e rigirando il coltello nella piaga bisso il post di ieri con altre ed importanti nuove rivelazioni che già stavano trapelando nella giornata di giovedì con l'ex tesoriere Belsito(scuola Forza Italia quindi un maestro di ruberie)che sta svuotando il sacco(non solo metaforicamente)davanti ai magistrati aiutati dalle intercettazioni telefoniche,che sono un mezzo che permette agli inquirenti di scoprire truffe e altro nonostante la continua caccia alle streghe che Berluscojoni & co.gli stavano facendo.
Lunghi colloqui con la signora Nadia Dagrada in cui si capisce che numerosi soldi dei finanziamenti pubblici e altri arrivati in maniera criminosa siano passati direttamente nelle tasche del Trota per comprarsi il suo tanto sudato diploma e la sua Porsche,nelle saccocce della moglie di Bossi Umberto per le sue scuole,in quelle di Rosi Mauro per il sindacato padano e così via.
Il primo articolo di Gennaro Carotenuto ripreso da Senza Soste fa una doverosa paternale al movimento razzista che esulta per le migliaia di morti di immigrati nel Mediterraneo,per l'odio innato verso i meridionali in nome di un popolo e di una razza superiore rasentando la follia hitleriana.
Il secondo articolo di Indymedia è un attacco diretto alle ultime vicende che hanno fatto indagare mezzo consiglio regionale lombardo e riporta la trascrizione delle chiamate tra Belsito e la Dagrada in un vortice di cifre e di mezzi(automobilstici e non).
A margine porgo un altro interessante link sulla morfologia padana e sulla presunta etnicità che vicino a noi una ventina di anni fà ha portato ad una guerra sanguinosa e piena di atti barbari come avvenuto nell'ex Jugoslavia(http://lombardia.indymedia.org/node/45180 )preso da Indymedia Lombardia.
Adesso arriva il triumvirato,perchè di teste di cazzo al comando non ne bastava solo una!

Nessun onore delle armi per Umberto Bossi.
Risparmiateci l’onore delle armi per Umberto Bossi e per la Lega Nord. La melma nella quale affonda è la stessa nella quale ha lucrato per decenni su paure ataviche ed egoismi modernissimi. È un bene che il velo sia caduto sul repertorio più classico del peggiore italianismo: corruzione spiccia, avidità, opportunismo, furbizia, una casta leghista così impresentabile da far rimpiangere l’Udeur, la connivenza con la criminalità organizzata, la presunta discontinuità che invece si dimostra bieca continuità, la bella vita senza lavorare, il familismo amorale del sistemare la famiglia. Altro non è mai stato, la Lega Nord. I mali d’Italia concentrati nella casa di Gemonio quasi come fosse quella del Grande Fratello.
di Gennaro Carotenuto
Risparmiateci l’onore delle armi per i ragionieri con lo spadone. Non provo alcuna pena per i mentecatti di Pontida che si sono prestati al gioco dell’odio, convinti di essere una razza superiore assediata da chi è nato poche decine di km più a Sud o su una sponda diversa dello stesso mare. Causano puro orrore quelli che hanno avvelenato la vita del nostro paese con l’odio antimeridionale prima e contro i migranti poi. Causano profondo disprezzo quei profittatori di una guerra inventata che hanno fatto carriera o guadagnato un posto in graduatoria pretendendo di discriminare chi era nato in un’altra regione. Non dimentico neanche una delle infamie della Lega Nord alle quali ha fatto sponda, offrendole una legittimazione che non era scontata, l’intera classe politica. Ovviamente Silvio Berlusconi ma anche l’altro campo, esemplificato nella nefasta “costola della sinistra” di Massimo d’ Alema, ha rappresentato in questi anni l’incapacità di trattar la Lega per quello che è sempre stato: un fenomeno eversivo fondato sulla discriminazione.
Mi vergogno per un paese che ha avuto Roberto Calderoli come Ministro e si è fatto rappresentare a Bruxelles da Mario Borghezio e Matteo Salvini. Mi vergogno di un paese che ha considerato interlocutori politici gentaglia capace di passare senza ritegno dai riti pagani all’integralismo cattolico, dalla presunta goliardia violenta del “forza Etna” alle guerre di civiltà. Noi contro loro perché è più facile da capire. Noi contro loro perché altrimenti non scatta la macchina del consenso. Noi contro loro perché altrimenti i nodi del fallimento del neoliberismo verrebbero al pettine. Noi contro loro perché altrimenti dovremmo interrogarci sui limiti della nostra modernità, sulla perdita di valori, cultura, coscienza civile. Noi contro loro nell’illusione che il problema possa essere espulso e noi si possa riprendere la nostra età dell’oro bucolica interrotta dall’ irruzione dello straniero.
È infame poi lo spaccare il capello in quattro di media tuttora conniventi con una Lega pienamente interna al sistema, con propri uomini ovunque, dai consigli d’amministrazione alle fondazioni bancarie, dagli organismi di vigilanza ai media. Il ribaltamento della “questione meridionale” in “questione settentrionale” non era altro che questo: aggiungere posti a tavola della mangiatoia pubblica. Sarebbe “il nuovo” Roberto Maroni, complice di tutti le nefandezze del capo e condannato per *crimini contro l’ umanità* dalla Corte Europea dei diritti umani di Strasburgo per l’ infamia dei respingimenti, il crimine più grave in Italia da Marzabotto, Stazzema e le Fosse Ardeatine?
È emendabile la storia della Lega Nord dai sacrifici umani, dal sangue che hanno voluto i dentisti o i commercialisti in camicia verde? Piango per quei 17.000 corpi senza nome che giacciono nel Mediterraneo, e che sono in gran parte sulla coscienza di un’Italia che ha permesso la vergogna di far diventare partito di massa un partitino xenofobo estremista che in Germania o in Francia sarebbe stato tenuto fuori dalle istituzioni come testimoniò il ballottaggio 2002 a Parigi. Piango per i torturati da Gheddafi ai quali Maroni e Berlusconi avevano appaltato il lavoro sporco. Piango per quei bambini ai quali è stato negato perfino il cibo in scuole dell’orrore come quella di Adro. Rivendico subito (come minima prova di riscatto) la cittadinanza per i nati in Italia, e presto, con un percorso sicuro e garantista, la cittadinanza piena per chi in Italia ha scelto di vivere. Oggi, Ministro Riccardi!
Ma come siamo arrivati a questo? La canea dell’odio leghista in questi anni ha fatto breccia in almeno due Italie. Da una parte un’Italia aggressiva figlia di un ibrido mostruoso tra Mastro don Gesualdo e Margaret Thatcher, disposta a sparare a vista pur di dire “roba mia viettene con me” e intimamente rappresentata dal più gretto, volgare e razzista dei partiti. Dall’altra la Lega ha fatto breccia nell’*Italia dei penultimi*, tra gli anziani spaventati, tra i giovani che avevano creduto che studiare non servisse per poi ritrovarsi subalterni per sempre, per cultura e rapporti di produzione, soprattutto in quella classe lavoratrice colpita a morte dalla doppia crisi strutturale del modello, quello neoliberale e quello della piccola e media impresa. È l’ Italia che è stata tradita dalla fine dei partiti di massa, DC e PCI innanzitutto, che avevano a lungo saputo incarnare la società della seconda metà del XX secolo per poi sparire senza eredi che non fossero scorciatoie (sempre conservatrici) di interpretazione della modernità: l’individualismo berlusconiano, quello appena temperato da un centro- sinistra che accettava pienamente il modello.
Così la Lega ha speculato su problemi reali banalizzandoli e offrendo una spiegazione semplice per tutto quello che di brutto andava succedendo nell’ abdicazione di una politica che aveva rinunciato a trattare le masse stesse come soggettività. Non erano i tagli orizzontali alla *scuola pubblica* a far crollare quest’ultima ma era colpa degli *insegnanti meridionali*. Non era il radicale peggioramento dei rapporti di produzione dato dalla globalizzazione a rendere invivibile la condizione operaia ma era colpa dei *migranti che rubavano il lavoro agli italiani*. Il veleno reazionario, incarnato dal messaggio leghista forse meglio ancora che da Berlusconi, si è insinuato in questi anni nel vuoto di un messaggio politico alternativo. Solo il riprendere la battaglia delle idee con una chiara proposta di progresso includente, con un’idea guida che metta gli *ultimi e i penultimi dalla stessa parte *della barricata, eviterà che la fine ineludibile della cosiddetta Seconda Repubblica, nelle cose con l’ignominiosa uscita di scena di Berlusconi prima e Bossi poi, non si trasformi in un incubo peggiore.
La feccia leghista - Leggere, STAMPARE, DIFFONDERE, ATTACCHINARE.
LA FECCIA LEGHISTA TANGENTARA E LADRA
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LEGGERE, STAMPARE, DIFFONDERE, ATTACCHINARE DAVANTI AD OGNI COVO DEI LADRI LEGHISTI
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“Con tutti i documenti Bossi si cagherà sotto”. I consigli della segretaria al tesoriere
Con l'amica Dagrada, Francesco Belsito se la rideva al telefono pensando al "parco macchine" della famiglia del Senatur. Poi le auto noleggiate per Riccardo Bossi. E i contanti al sindacato padano. La dirigente dell'ufficio amministrativo lo invitava a mettere da parte tante cartelline con su indicato nomi, anni, soldi e i benefit versati. "Digli 'Noi manteniamo tuo figlio Riccardo, tuo figlio Renzo, tu gli devi dire: guarda che tu non versi i soldi, tuo figlio nemmeno, ed è da quando sei stato male"
“Bossi si cagherà sotto e non avrà il coraggio di rimuoverti”. Di fronte ai documenti dei pagamenti ai figli, alla moglie e alla sua fedelissima Rosi Mauro e soprattutto di fronte a una registrazione imbarazzante, che Francesco Belsito sosteneva di possedere, il leader della Lega Nord non avrebbe mai osato seguire Rosi Mauro che lo aizzava contro di lui. Così, con l’arroganza di chi sa di avere le carte per tenere in scacco Umberto Bossi, parlavano al telefono mentre erano intercettati dai Carabinieri su delega della Procura di Napoli la dirigente amministrativa del Carroccio Nadia Dagrada e il tesoriere Francesco Belsito, ora indagato per riciclaggio e truffa aggravata.
Il personaggio chiave è Nadia Dagrada. Questa militante tosta che nelle foto sembra un corazziere in gonnella di Umberto Bossi e che ieri uscendo dalla Procura ha sibilato ai cronisti: “Fedele fino alla fine”, nelle tante telefonate intercettate con Belsito sembra quasi il suo coach. È lei a consigliargli di farsi una copia dei documenti che provano i pagamenti ai familiari di Umberto Bossi e di mettere gli originali in una cassetta di sicurezza. Nadia è arrabbiata con il vicepresidente del Senato Rosi Mauro, che ha osato chiedere conto a Belsito dei soldi della Lega. “Sarebbe veramente cretina Rosi Mauro perché allora a questo punto se i conti li fai vedere poi chi lo sa che cosa può uscire di tutto quello che c’è!”. Dagrada e Belsito pensano al botto che faranno le carte sui giornali: “Su Libero: quanti soldi la Lega gira alla scuola (Bosina, della cooperativa fondata dalla maestra baby-pensionata Manuela Marrone, moglie di Bossi, ndr).
Belsito a quel punto tira fuori l’asso nella manica: la registrazione che proverebbe una richiesta sconcia. Questo è il passaggio chiave della conversazione di quella sera.
Belsito: Glielo dico della Fondazione, glielo dico cosa mi volevano far fare che dovevo portargli dei soldi eh.
Dagrada: Esatto!… e tu quello poi ce l’hai registrato?
Belsito: Sì, eh.
Dagrada: Ma tu prima parli col capo (Bossi, ndr), vedi cosa ti dice lui, perché gli fai presente ‘sta roba qui e vedi perché lui poi fa in fretta a cagarsi sotto e dopo di che, si affrontano le due signore (Rosi Mauro e Manuela Marrone, ndr) poi gli spiattelli lì, sul tavolo… allora vedi questa fotocopia qua, vedi queste, vedi questa… figurati queste se vanno in mano, altro che la Tanzania se vanno in mano ai militanti! “Ma non vengono a prendere me – le dici eh – vengono a prendere voi!”.
A questo punto Belsito continua a enumerare gli elementi che può tirar fuori contro la famiglia Bossi:
Belsito: L’ultima macchina del “principe” (Renzo Bossi probabilmente, ndr) 50 mila? Ho la fattura.
Dagrada: Ma te l’ho detto, tutto quello che, adesso tu domani mattina, dopo aver parlato con Roberto (Castelli, ndr), inizia a fare le copie di quello che hai in cassaforte, dammi retta!
Belsito: Bene.
Con l’amica Dagrada, Francesco Belsito se la rideva al telefono pensando al “parco macchine” della famiglia Bossi: la Smart e la più recente Audi A6 che, a dire del tesoriere, sarebbero state messe a disposizione del solito Trota, ma “intestate alla Lega Nord”. E poi le auto noleggiate per Riccardo Bossi. E anche i contanti. Nadia Dagrada lo invitava a mettere da parte tante cartelline con su indicato nome per nome e anno per anno i soldi e i benefit versati.
Nelle intercettazioni di Belsito si parla di pagamenti per 200 mila euro all’anno per il Sindacato Padano di Rosi Mauro e anche di spese per “i costi liquidi” di Renzo Bossi come li chiama Belsito. Per il tesoriere sarebbero 151 mila euro, ma la dirigente amministrativa Nadia Dagrada lo corregge: “Sono 251 mila euro per lui e i ragazzi (della scorta probabilmente, ndr) perché quando viaggiano insieme non riesco a scinderli”.
Al Fatto risulta che il tesoriere al telefono fosse molto confuso sulle somme. Anche se ricordava con esattezza quanto gli era stato chiesto di metter da parte per la scuola della moglie di Bossi, quella gestita dalla Cooperativa Bosina: un milione di euro, che però solo in parte era riuscito a tirare fuori.
Nadia Dagrada si sta rivelando sempre più il personaggio chiave dell’inchiesta. Non è un caso se, come persona informata dei fatti, è stata ascoltata martedì per 9 ore dai pm Paolo Filippini ed Henry John Woodcock. Non è un caso che sia stata risentita ieri mattina dai magistrati alla presenza del procuratore aggiunto Alfredo Robledo. La dirigente ha detto ai pm di non aver mai ascoltato la registrazione imbarazzante. La sua deposizione avrebbe “salvaguardato” il segretario Umberto Bossi, ma avrebbe reso più complicata la posizione di Francesco Belsito.
L’elenco delle spese. L’elenco che i due riassumono al telefono il 26 febbraio viene riassunto dai carabinieri, come viene pubblicato oggi dal Corriere della Sera. Comprende «i costi di tre lauree pagate con i soldi della Lega», «i soldi per il diploma (di Renzo Bossi)»; «i 670mila euro per il 2011 e Nadia dice che non ha giustificativi, oltre ad altre somme ingenti per gli altri anni»; «le autovetture affittate per Riccardo Bossi, tra cui una Porsche»; «i costi per pagare i decreti ingiuntivi di Riccardo Bossi»; «le fatture pagate per l’avvocato di Riccardo Bossi»; «altre spese pagate anche ai tempi del precedente tesoriere Balocchi»; «una casa in affitto pagata a Brescia»; «i 300mila euro destinati alla scuola Bosina di Varese per Manuela Marrone (moglie di Bossi, ndr), che Belsito non sa come giustificare, presi nel 2011 per far fare loro un mutuo e che lui ha da parte in una cassetta di sicurezza».
Poi c’è la casa di Gemonio e più precisamente «i soldi ancora da dare per le ristrutturazioni del terrazzo»: «Che io sappia, pare che siano 5-6mila euro» ridimensiona Belsito alla Dagrada, che teme invece la somma sia molto più alta anche a causa di minacce di azioni legali dai fornitori e che sprona Belsito: «Gli devi dire poi: capo (Bossi, ndr), c’è da aggiungere l’auto di tuo figlio».
“Bossi non versa più. E nemmeno Renzo”. A chi gli mette i bastoni tra le ruote Belsito trova quasi sempre come rispondere. Per esempio la segretaria del Sindacato Padano e vicepresidente del Senato Rosy Mauro, bossiana della prima ora, fedelissima, sempre a fianco del leader in particolare in questi anni di malattia. ”Sai quanto gli ho dato l’altro giorno alla nera (la Mauro, ndr)? – chiede retoricamente il tesoriere alla Dagrada – Quasi 29mila, 29.142 in franchi eh… vuoi che ti dica tutti gli altri di prima?»: ovvero quelle che poi gli inquirenti traducono come «altre somme che le dà mensilmente». La Dagrada, continua il Corriere, lo “imbocca” quasi: dice a Belsito di rispondere alla Mauro così: “Se apro bocca io, il capo salta e se salta il capo tu sei morta… Perché se lei non c’ha il capo a difenderla, lei domani è in mezzo a una strada, e non è detto con le gambe intere». E a Bossi? Gli deve dire: “Noi manteniamo tuo figlio Riccardo, tuo figlio Renzo, tu gli devi dire guarda che tu non versi i soldi, tuo figlio nemmeno, ed è da quando sei stato male. Gli devi dire: capo, io so queste cose e finché io sono qui io non tradirò mai, ma ricordati cosa c’è in ballo, perché se viene fuori lo capisci che cosa può succedere, altro che barbari sognanti”.
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LEGGERE, STAMPARE, DIFFONDERE, ATTACCHINARE DAVANTI AD OGNI COVO DEI LADRI LEGHISTI

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