lunedì 16 aprile 2012

UN'ALTRA VITTORIA PER LO STATO(QUELLO DEI FASCISTI E DEI SERVIZI SEGRETI)

Non c'è molto da commentare se non un'estrema indignazione e vergogna per la parola fine ad un processo che nell'arco di ben 38 anni ha portato all'assoluzione dei fascisti Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Maurizio Tramonte, Giuseppe Rauti, Francesco Delfino e Giovanni Maifredi per l'attentato di Piazza della Logga a Brescia avvenuta il 28 maggio del 1974,e poco giova sapere che tutti riconoscano che i colpevoli veri sono loro,fascisti,servizi segreti e lo Stato che per l'ennesima volta assolve se stesso(vedi:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2009/05/brescia28-maggio-1974.html ).
A differenza degli articoli proposti e presi da Senza Soste sembrerebbe che il Consiglio dei Ministri abbia appoggiato l'idea del Presidente Napolitano di accollarsi le spese processuali in toto,evitando così la beffa ai familiari delle vittime di dovere pagare enormi somme di denaro.

Impuniti: Piazza della Loggia altra strage senza colpevoli.
8 morti e 108 feriti. Una bomba, la Strategia della Tensione e oggi, 40 anni dopo, quattro assoluzioni al processo d'appello contro i presunti colpevoli. Il filmato
28 maggio del 1974. Piazza della Loggia, nel cuore storico di Brescia. Una bomba, collocata in un cestino dei rifiuti esplode alle 10.12 nel mezzo di una manifestazione antifascista, organizzata per esprimere rifiuto e condanna della violenza eversiva dopo una sequela di episodi violenti di marca neofascista che da settimane turbavano la sicurezza della cittadinanza e della democrazia. Otto morti e 108 feriti.
Quasi 40 anni di indagini depistate e di processi altrettanto confusi, nessun colpevole. La Corte d'assise d'appello di Brescia ha assolto Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Maurizio Tramonte e il generale dei carabinieri Francesco Delfino nel quarto processo per la strage di piazza della Loggia, avvenuta nel 1974. In primo grado, il 16 novembre 2010, i quattro erano stati assolti con formula dubitativa.
Poi, l'offesa ultima al comune sentire, certamente di stra corretta interpretazione dei codici. Le parti civili, le femiglie dei morti e dei feriti, condannate a pagare le spese processuali. Prima di leggere la sentenza, il presidente della Corte d'assise d'appello, Enzo Platè, ha ringraziato i giudici popolari per l'impegno e lo scrupolo profusi durante la durata del processo. Dopo il plauso sono mancati gli applausi. L'accusa: "Abbiamo fatto tutto il possibile".
I pubblici ministeri sono detti "sereni perché è stato fatto tutto il possibile". Il procuratore Roberto Di Martino e il pm Francesco Piantoni, titolari dell'inchiesta sulla strage: "Ormai è una vicenda che va affidata alla storia, ancor più che alla giustizia", ha commentato il procuratore Di Martino. La Procura attenderà il deposito delle motivazioni per decidere se ricorrere in Cassazione. Tecnicismi a coprire la vergogna di uno Stato prima colluso e oggi impotente.
Il video della strage
tratto da http://www.globalist.it
14 aprile 2012
Vedi anche
STRAGE PIAZZA LOGGIA: TUTTI ASSOLTI
Lo speciale di Radiondadurto
Strage di Brescia e altre stragi di Stato: la grande ingenuità di chi ha creduto che la magistratura potesse arrivare alla verità senza cambiamenti politici profondi nelle istituzioni coinvolte.
Dopo 38 anni dai fatti, cinque istruttorie e dieci sentenze, il sistema giudiziario non è stato in grado di identificare dei responsabili per la strage di Brescia come per piazza Fontana e l’Italicus. L’assoluzione pronunciata ieri dalla corte d’appello è su tutte le prime pagine dei quotidiani di stamani dove più o meno si grida allo scandalo, si censurano i «depistaggi», «l’impunità», la «storia negata», la «beffa» del risarcimento per le spese di giustizia inflitte ai familiari delle vittime.
Manlio Milani, presidente dell’Associazione familiari delle vittime della strage, si lascia andare davanti a Giovanni Bianconi del Corriere della sera ad alcune considerazioni disincantate: «C’è una catena di ricatti che lega gli uni agli altri, dagli esecutori ai rappresentanti degli apparati, fino ai responsabili politici. Le coperture e i depistaggi son il risultato di questi collegamenti occulti, che negano la trasparenza e mettono in pericolo i presupposti della democrazia. Io temo che questo meccanismo funzioni ancora oggi, su diverse questioni, e se non viene denunciato e smantellato la vita di questo Paese rimarrà sempre inquinata dal gioco dei ricatti».
La verità sulle stragi sacrificata sull’altare del compromesso storico
Milani è convinto che la verità sarebbe potuta venire fuori subito se ci fosse stato nella seconda parte degli anni 70 un diverso atteggiamento politico più deciso nel denunciare le ambiguità istituzionali, «Credo che subimmo – aggiunge – una certa timidezza del Pci dell’epoca che non voleva rischiare di compromettere il rapporto con la Dc. Ma fino a quando la ragion di Stato avrà il sopravvento sulla ricerca della verità?».
La verità sulle stragi sacrificata sull’altare del compromesso storico. Il sospetto di Manlio Milani non è affatto infondato. Il Pci concepiva il ricorso allo strumento giudiziario come una leva per facilitare i suoi scopi politici, così le inchieste subivano accelerazioni o rallentamenti a seconda degli interessi del momento. Ciò spiega la linea della fermezza, il massimo di repressione con tanto di leggi speciali e torture contro la lotta armata per il comunismo, che si mise di traverso alla strategia del compromesso storico, ed al contrario i tentennamenti verso la Dc sulle stragi.
Ma se le cose stanno così e se tutte le inchieste, al di là degli esiti processuali, sono sempre giunte ad una identica ricostruzione del contesto ambientale nel quale ha avuto origine la strage di Brescia, come le altre: i settori del neofascismo del triveneto collegati, infiltrati, inquinati dalla presenza di agenti di varie intelligences Nato e dei nostri apparati, la vera domanda da porre non è forse un’altra: non è stata malrisposta la fiducia riversata verso la magistratura affinché potesse arrivare ad una verità certificata processualmente? Se di mezzo c’è lo Stato con i suoi apparati e le inconfessabili strategie elaborate in sede atlantica, è pensabile l’accertamento della verità da parte della magistratura senza che ciò non proceda insieme ad un mutamento politico radicale delle istituzioni coinvolte?
Non è stata una follia ritenere che la liturgia del processo penale potesse svolgere una funzione terapeutica, favorendo la riparazione psicologica delle vittime?
A nostro avviso si è trattato di una deriva sbagliata, anzi devastante poiché:
a) ha innescato una privatizzazione del diritto di punire;
b) la giustizia processuale ha perso in questo modo il suo ruolo peculiare di ricerca delle responsabilità per rivestire la funzione di ricostruzione clinica della persona offesa;
c) conseguenza che favorisce il rischio di verità giudiziarie di comodo, verità politiche – altrimenti dette “ragion di Stato” – necessarie a placare domande che vengono dall’opinione pubblica o servono a lenire semplicemente la sofferenza dei familiari, ad appagarne il risentimento;
d) devasta la dimensione psicologica delle vittime stesse, messe di fronte all’assurdo paradosso di dover pretendere verità da quello stesso Stato coinvolto nei fatti incriminati;
e) verità che evidentemente non potrà mai venire senza che sia investita la dimenzione del cambiamento politico delle istituzioni coinvolte;
f) ne può uscire soltanto un atteggiamento vittimistico e querulante che di fronte al frustrante fallimento degli esiti processuali, o peggio al mancato appagamento che la scena giudiziaria offre (“la verità giudiziaria non dice tutto”, “i colpevoli nascondono altre verità”, ”la pena deve essere infinità anche una volta sconata per intero”), trascina la figura della vittima in una spirale di risentimento senza fine, di avvitamento rancoroso;
E’ sulla verità storica che occore dunque lavorare. Ciò dipende da quelle categorie, gli imprenditori della memoria, che lavorano con la materia storica ma dipende anche e soprattutto dall’autorganizzazione sociale, dalla capacità di creare le condizioni politiche perché questa verità esca fuori.

Paolo Persichetti

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