domenica 2 novembre 2014

GENTILONI MINISTRO DEGLI ESTERI

Il Presidente della Repubblica Napolitano voleva che il successore al ministero dell'interno da sostituire alla Mogherini indirizzata nel contesto europeo fosse una figura già rodata e non un novizio/a per questa poltrona così importante e che da anni non vede una persona che sia minimamente decente per rappresentare l'Italia fuori dai propri confini,e dal cilindro ecco che Renzi pesca fuori Paolo Gentiloni,ex ministro delle comunicazioni ai tempi dell'esecutivo Prodi bis.
Solo per citare un paio di casi che riguardano la politica estera internazionale che sono dei problemi veri e anche di enorme importanza come la crisi ucraina e l'avanzata dell'Isis nel Medio Oriente,il primo atto ufficiale dopo il giuramento compiuto da Napolitano è stato chiamare i due marò assassini nella loro lussuosa"prigione"dorata nell'ambasciata italiana di New Delhi.
Manco fosse rappresentante di un governo ufficiale di centro destra,perché questo non lo è in una maniera formale,ha già eseguito un atto che a me personalmente ma credo alla maggior parte degli italiani poco importa se non niente,soprattutto a fronte delle questioni sopra indicate.
Se il buon giorno si vede dal mattino il suo sarà un ministero di scarsissima levatura:articolo preso da Huffington Post(http://www.huffingtonpost.it/2014/10/31/gentiloni-ministro-esteri-le-sfide-che-lo-attendono_n_6081712.html ).

Paolo Gentiloni ministro degli Esteri. Dall'Isis all'Ucraina, dall'Afghanistan ai Marò, le sfide che lo attendono.


Le crisi internazionali bussano alla porta della Farnesina. E non attendono il rodaggio del nuovo ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni. Il Medio Oriente in fiamme, la Libia diventata un avamposto jihadista alle porte dell’Italia, la crisi russo-ucraina tutt’altro che risolta. E ancora: il ritiro dei nostri soldati dall’Afghanistan; gli equilibri di forza nell’Europa post elezioni dell’Europarlamento ancora segnati dalla predominanza tedesca e degli alleati nordorientali della cancelliera Merkel, con buona pace di un cambiamento di verso delle politiche economiche e sociali dell’Unione. Per non parlare dell’eterno, e irrisolto, “affaire-Marò”. Sono tanti i dossier caldi a cui dovrà metter mano il successore di Federica Mogherini.
ISIS La vocazione mediterranea dell’Italia è messa a dura prova da una Regione, quella mediorientale, sempre più destabilizzata. L’avanzata delle milizie dello Stato Islamico di Abu Bakr al-Baghdadi ha di fatto cancellato due entità statuali – l’Iraq e la Siria - trasformandoli in micro entità territoriali segnate da una prevalenza comunitaria-tribale. Più che rischio, il caos armato è diventato una certezza. E i primi a soffrirne saremmo noi, in Italia e nell’Europa più esposta ai venti di levante. Venti di guerra. L’Italia sostiene l’azione della “coalizione dei volenterosi” che, attraverso i raid aerei a guida Usa, cerca di porre freni all’avanzata dell’Esercito del Califfo. Ma gli alleati, Washington in testa, ci chiedono di più di qualche arma destinata ai peshmerga curdi. Ci chiedono di partecipare ai bombardamenti anti-Isis e, in prospettiva, di rafforzare la presenza a terra di “addestratori” militari in Iraq. Così come, dalla Casa Bianca e dal Dipartimento di Stato, non dimenticano che l’Italia, ospitando a Roma una Conferenza internazionale sulla Libia, si era assunta la responsabilità di guidare il processo di stabilizzazione e di transizione democratica del Paese nordafricano. Il risultato è men che gramo: oggi la Libia del dopo-Gheddafi è un “non Stato”, una “nuova Somalia” senza un’autorità centrale riconosciuta – esistono due Governi e due Parlamenti – terreno di conquista, anche petrolifera, di oltre duecento fazioni armate. Anche di questo (mancato) impegno il nuovo titolare della Farnesina sarà chiamato a rispondere. Last but not least, lo stallo del negoziato israelo-palestinese che rischia di sfociare in una Terza Intifada, che potrebbe deflagrare anche nel vicino Libano, dove l’Italia è presente in forze (avendone anche la guida) nella missione Unifil. Sullo sfondo, resta la determinazione italiana a coinvolgere l’Iran in un processo di stabilizzazione del Grande Medio Oriente. Una linea portata avanti da Emma Bonino e Federica Mogherini. Sarà così anche col neo ministro?
FRONTE RUSSO-UCRAINO. Sostenere la sovranità statuale dell’Ucraina senza determinare una rottura insanabile con Mosca. E’ la “quadratura del cerchio” con cui sarà chiamato a cimentarsi il nuovo capo della diplomazia italiana. In ballo non c’è solo la sicurezza, sul fronte nord, del Vecchio Continente, ma una partita economica, ed energetica, che rischia di costare molto cara al nostro Paese, il cui giro d’affari con la Federazione Russa di Vladimir Putin è tra i più corposi in Europa. I Paesi Ue dell’ex impero sovietico spingono per una ulteriore radicalizzazione del braccio di ferro con Mosca, sponsorizzando ciò che il leader del Cremlino considera una ”red line” invalicabile: quella del duplica ingresso dell’Ucraina, nella Nato e nell’Unione Europea. L’ex titolare della Farnesina, e da domani “Lady Pesc”, era stata all’inizio avversata dai Paesi dell’Est per una asserita propenzione “pro Russia”; una ostilità svanita in seguito anche per le “garanzie” offerte ai “malpancisti” lettoni, estoni, polacchi…, dalla cancelliera tedesca Angela Merkel (in termini di poltrone risarcitorie nella nuova Commissione europea e nel Consiglio europeo). Per l’Italia resta di fondamentale importanza mantenere un legame solido con Mosca, soprattutto nel campo della “diplomazia del gas” – vedi la scelta strategica di South Stream – anche se questo non piace neanche un po’ all’alleato di oltre Oceano: gli Usa di Barack Obama. E questo non è il solo tema problematico che investe le relazioni tra l’Amministrazione Usa e il governo Renzi. Un’altra questione in ballo riguarda l’impegno assunto dall’Italia per l’acquisto dei contestati F-35. Obama ne pretende il rispetto. Renzi vorrebbe almeno una riduzione del numero.
AFGHANISTAN. Entro l’anno dovremmo completare il ritiro dei nostri soldati dal “pantano afghano”. Un pantano insanguinato. Ma l’Afghanistan che lasciamo è un Paese tutt’altro che pacificato. La nuova dirigenza di Kabul chiede all’Occidente, e dunque all’Europa, e dunque all’Italia, di non lasciare campo libero, perché quel campo potrebbe essere riconquistato dalle milizie dei Talebani. Il neo ministro degli Esteri sarà chiamato a decidere, in concerto con gli alleati, in che modo non far coincidere la exit strategy annunciata con un inglorioso abbandono. Anche qui una problematica “quadratura del cerchio”.
EUROPA. L’asse “anti austerità” italo-francese non ha retto all’urto della corazzata teutonica e dei suoi alleati del Nord e dell’Est dell’Europa. Il verso non è cambiato, come dimostra anche la composizione della Commissione Europea, a guida Juncker, che registra ancora, e per certi versi ancor più che nella precedente Commissione Barroso, una predominanza della linea iper rigorista. Il semestre di presidenza italiana dell’Ue, così carico di (eccessive) aspettative, sembra concludersi con scarsi risultati. Al di là della nomina di Mogherini ad un incarico certo prestigioso ma di scarso impatto concreto – nessuno dei grandi Paesi europei è disposto a cedere parte della sua sovranità in tema di politica estera – resta il fatto, risaputo a Bruxelles, che il peso dell’Italia negli incarichi – non solo istituzionali ma di apparato – che contano resta debole. Un peso “piuma”. Al neo ministro il compito di accrescerlo.
AFFAIRE-MARÒUna eredità pesante. Difficile da gestire. Una vicenda che si trascina nel tempo e che ha visto protagonisti gli ultimi tre predecessori di Gentiloni (Terzi, Bonino, Mogherini). L’India è un colosso economico, con cui l’Italia ha un importante giro di affari. Minacciare rotture diplomatiche non solo è una ipotesi improbabile, ma sarebbe un clamoroso autogol politico, diplomatico, finanziario. L’Italia ha puntato sull’internazionalizzazione del caso che vede imputati i Fucilieri di Marina Salvatore Latorre e Massimiliano Girone, salvo poi provare a usare la “via medica” per ottenerne il rimpatrio. Il neo ministro dovrà far sfoggio di inventiva diplomatica e pragmatismo politico per porre fine a questa triste, e tutt’altro che chiarita, vicenda.

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