martedì 27 ottobre 2015

ESSERE L'1 O IL 99%

L'articolo proposto da Senza Soste che racchiude i dati di un rapporto della banca elvetica Credit Suisse si accompagnano bene al post dell'altro giorno(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2015/10/dooh-nibor.html )dove venivano rappresentate le diseguaglianze economiche con le quali si sono fatti i conti per calcolare le tasse in Italia.
Il discorso qui è mondiale e si parla di capitalismo planetario dove il famoso 1% della popolazione di adulti nel mondo da quest'anno detiene la maggior parte dei beni,esattamente il 50,4%:e questo dato dicono gli esperti che assumerà nel corso degli anni un aumento.
L'articolo offre numerosi spunti e numeri,e vorrei solamente rimarcare che anche tra la percentuale del 99% della popolazione adulta mondiale ci sono disparità enormi con ben 3,4 miliardi di persone che posseggono beni la cui entità non è superiore ai 10 mila dollari.
Il resto parla anche della suddivisione geografica di tali ricchezze,concentrate negli Usa con la Cina che sale qualche gradino e l'Europa,la Russia ed il Giappone in flessione:queste disparità portano a risultati economici e sociali che non servono tanti studi per capire che le differenze,che per esempio parlando solo di salute e di educazione scolastica,sono abissali.
I soldi e le ricchezze a disposizione per nutrire il pianeta e creare meno differenze sociali ci sono,manca la volontà per farlo.
 
L’1%, ovvero la metà di tutto
Michele Paris - tratto da http://altrenotizie.org
Un nuovo rapporto pubblicato recentemente dalla banca Credit Suisse ha delineato l’aggravarsi delle disparità di reddito e di ricchezza nel pianeta, registrando un tristissimo primato. L’1% della popolazione mondiale è cioè giunta nel 2015 a possedere oltre la metà delle ricchezze, mentre il resto dell’umanità - ovvero circa 4,8 miliardi di adulti - si spartisce il resto della torta, peraltro in maniera altrettanto ineguale.
Lo studio riassume i dati raccolti in una piramide che mostra immediatamente le disparità che caratterizzano la suddivisione dei beni disponibili a livello globale, stimati attorno ai 250 mila miliardi di dollari. 3,4 miliardi di adulti posseggono beni non superiori ai 10 mila dollari, un altro miliardo tra i 10 mila e i 100 mila dollari, 349 milioni tra i 100 mila e un milione.
Allo strettissimo vertice della piramide si trova la vera ricchezza, con 34 milioni di persone che detengono più di un milione di dollari. Tra di essi, 29,8 milioni vantano beni tra 1 e 5 milioni di dollari, 2,5 milioni tra 5 e 10 milioni, 1,34 milioni tra 10 e 50 milioni, per poi arrivare alla vera aristocrazia planetaria, quella che decide le sorti di praticamente tutte le popolazioni, vale a dire 123.800 individui con più di 50 milioni di dollari ciascuno.
Poco meno della metà di questi super-ricchi vive negli Stati Uniti, circa un quarto in Europa e il resto quasi tutti in Giappone e in Cina. Lo sbilanciamento nella distribuzione delle ricchezze è dovuto principalmente al capitalismo USA, come conferma il fatto che questo paese ha un numero così elevato di multi-milionari a fronte del 5% della popolazione del pianeta.
Esaminando i numeri proposti dall’istituto bancario svizzero, emerge come il 71% degli adulti che popola il pianeta è costretto a vivere con appena il 3% delle ricchezze complessive, laddove un minuscolo 0,7% controlla beni pari al 45,2% del totale. Ancora, il 10% della popolazione può contare sull’87,7% delle ricchezze, lasciando al 90% degli adulti appena il 12,3% dei beni totali. Come già ricordato, l’1% detiene infine il 50,4% dei beni, una soglia altamente simbolica che secondo alcuni studi precedenti sarebbe stata superata solo nei prossimi anni.
A dare l’idea della scarsità di beni che possiedono coloro che si trovano alla base della piramide basta citare un dato, cioè che sono sufficienti poco più di 3 mila dollari per essere inclusi nella metà più “ricca” della popolazione mondiale.
Per rientrare nel 10% più benestante di dollari ne bastano invece quasi 69 mila. La definizione di ricchezza considerata da Credit Suisse comprende, oltre al denaro, proprietà immobiliari e titoli azionari, mentre dal conteggio sono esclusi i debiti.
Come conferma il rapporto, le disuguaglianze sono rapidamente aumentate in tutto il mondo dopo la crisi finanziaria scaturita da Wall Street nel 2008. A generare un ulteriore spostamento verso l’alto della ricchezza sono stati e continuano a essere soprattutto i programmi pubblici di salvataggio delle grandi banche e l’espansione del credito di fatto a costo zero che, invece di stimolare l’economia reale, ha ingigantito le rendite parassitarie.
Significative sono anche le differenze tra i vari continenti o paesi del mondo. Se la ricchezza complessiva degli Stati Uniti è cresciuta finora nel 2015 di 4 mila 600 miliardi di dollari, nonostante un calo a livello globale di 12 mila 700 miliardi, principalmente a causa del rafforzamento del dollaro, i paesi dell’Unione Europea, la Russia e il Giappone hanno fatto segnare flessioni importanti. Quella della Cina è poi salita di 1.500 miliardi di dollari, anche se lo studio prende in considerazione i dati fino al 30 giugno scorso, tralasciando quindi il recente crollo del mercato azionario in questo paese.
Simili differenze hanno ovviamente riflessi rilevanti all’interno del sistema capitalistico globale. Infatti, la crescita e la perdita di ricchezza soprattutto delle potenze mondiali contribuisce a inasprire i conflitti o, quanto meno, a peggiorare le relazioni tra i paesi, come conferma l’aggravamento delle tensioni in molte aree del globo, a cominciare dal Medio Oriente e dall’Asia sud-orientale.
La sempre maggiore concentrazione di ricchezze nelle mani di pochi è il sintomo anche dello stato di avanzato deterioramento in cui versa lo stesso capitalismo planetario, con tutte le conseguenze distruttive che ne derivano per le popolazioni del pianeta.
La disponibilità virtualmente illimitata di beni per un numero ristrettissimo di ultra-ricchi determina infatti automaticamente un degrado delle condizioni di vita di tutti gli altri, principalmente a causa di effetti devastanti in vari ambiti, dall’assistenza sanitaria allo stato delle infrastrutture e all’educazione.
Uno scenario, quello che si sta delineando, che non può che alimentare tensioni sociali sempre più esplosive, dirette alla riappropriazione di risorse enormi, dirottate deliberatamente verso l’alto e che sarebbero invece abbondantemente sufficienti a garantire i bisogni fondamentali dell’intera popolazione del pianeta.
18 ottobre 2015

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