lunedì 28 novembre 2016

DECRETO MADIA,BUROCRAZIA E DERIVE ANTIDEMOCRATICHE

Risultati immagini per decreto madia bocciato
La pluriraccomandata titolare del ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione Marianna Madia,quella che voleva sovvertire l'esito referendario del giugno 2011 privatizzando l'acqua(madn sovvertire-un-plebiscito-referendario ),stavolta ha ricevuto un secco due di picche da parte della Corte Costituzionale che ha bocciato il suo decreto.
Un provvedimento sui servizi pubblici che avrebbe fatto decidere privatizzazioni a raffica saltando il parere delle regioni facendolo decidere solo dalla Conferenza Stato-Regioni:un no chiaro che non è stato digerito dalla Madia e in particolar modo da Renzi che ha parlato di burocrazia che blocca il paese.
Se il premier rognoso considera burocrazia uno degli organi basilari della democrazia italiana allora sta facendo dichiarazioni sovversive in quanto irrispettoso di un importante elemento che sancisce e giudica la legittimità di tutti gli atti dello Stato e delle Regioni.
Un metodo fascista che vorrebbe far trionfare se dovesse vincere il Si al referendum di domenica prossima così toglierebbe di mezzo la Corte e chi impedisce il controllo su chi comanda praticamente sotterrando la democrazia e la Costituzione.
Gli articoli presi da Senza Soste(la-corte-costituzionale )e Contropiano(lultimo-renzi-si-appella-al-fascismo-profondo )spiegano questa pericolosa deriva antidemocratica del governo non votato dagli italiani e che si gioca molto se non tutto col voto referendario che deve essere un NO chiaro e netto.


Un’altra sventola è arrivata per Renzi e il suo governo. Secondo la Corte Costituzionale la riforma della ministra Madia sulla Pubblica amministrazione presenta profili di illegittimità rispetto ai principi della Carta fondamentale dello Stato, in particolare nella parte in cui prevede che l’attuazione della stessa, attraverso i decreti legislativi, possa avvenire con il semplice parere della Conferenza Stato-Regioni. Secondo la Consulta, che si è pronunciata dopo un ricorso della Regione Veneto, è invece necessaria la previa intesa. La pronuncia di legittimità riguarda le norme relative alla dirigenza, alle società partecipate, ai servizi pubblici locali e al pubblico impiego.
La notizia della bocciatura del Decreto Madia arriva all’indomani della convocazione dei sindacati al tavolo per il rinnovo del contratto del pubblico impiego. Ieri al Ministero della Funzione Pubblica era intervenuta la polizia per impedire alla delegazione della Usb, che pure è maggiormente rappresentativa nel settore,  di poter partecipare al negoziato.
Immediata e velenosa la reazione di Renzi. "Siccome non c'è l'intesa con le regioni, noi avevamo chiesto un parere, ma per la Corte costituzionale il decreto sulla Pubblica Amministrazione è illegittimo. E poi mi dicono che non devono cambiare le regole del Titolo V: siamo circondati da una burocrazia opprimente, questo dimostra che siamo un Paese bloccato", ha commentato Renzi impegnato a Vicenza in una manifestazione per il Si. A contestarlo, anche qui, la coalizione “Vicenza si solleva” a cui aderiscono No Dal Molin, Usb e centro sociale Bocciodromo, che da piazzale del Mutilato, ha cercato di arrivare in viale Mazzini dove c’era Renzi ma è stato bloccato dalla polizia in via Bonolis.
Nel documento di sintesi pubblicato dalla Corte Costituzionale si ricorda che le norme impugnate dalla regione Veneto “delegano il Governo ad adottare decreti legislativi per il riordino di numerosi settori inerenti a tutte le amministrazioni pubbliche, comprese quelle regionali e degli enti locali, in una prospettiva unitaria”. Si tratta cioè di interventi che “influiscono su varie materie, cui corrispondono interessi e competenze sia statali, sia regionali (e, in alcuni casi, degli enti locali)”. La Consulta ha ponderato se “fra le varie materie coinvolte, ve ne sia una, di competenza dello Stato, cui ricondurre, in maniera prevalente, il disegno riformatore nel suo complesso. Questa prevalenza escluderebbe la violazione delle competenze regionali”. Di contro, se la materia non viene riconosciuta come di competenza dello Stato, per la Corte si deve rispettare “il principio di leale collaborazione” e prevedere “adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni (e degli enti locali), a difesa delle loro competenze”. Nella sua sentenza, la Corte sottolinea il ruolo centrale della Conferenza Stato-Regioni: l’intesa al suo interno è ritenuto “un necessario passaggio procedurale anche quando la normativa statale deve essere attuata con decreti legislativi delegati”.Alla luce di tali premesse, la Consulta ha precisato che le “pronunce di illegittimità costituzionale colpiscono le disposizioni impugnate solo nella parte in cui prevedono che i decreti legislativi siano adottati previo parere e non previa intesa”. In particolare, sono stati respinti i dubbi di legittimità costituzionale relativi delega per il Codice dell’amministrazione digitale. Le dichiarazioni di illegittimità costituzionale riguardano quindi esclusivamente le deleghe al Governo “in tema di riorganizzazione della dirigenza pubblica”, “per il riordino della disciplina vigente in tema di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni”, “di partecipazioni azionarie delle pubbliche amministrazioni e di servizi pubblici locali di interesse economico generale”.
26 novembre 2016

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L’ultimo Renzi si appella al “fascismo profondo”.

di Giorgio Cremaschi
Anche se più volte son stato tentato di farlo, ho finora sempre evitato di ricorrere alla parola fascismo per definire ciò che si agita attorno alla controriforma renziana della Costituzione. Questa cautela però non ha più ragione d'essere dopo le ultime parole del presidente del consiglio, quelle a commento della sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato il decreto Madia. Renzi ha bollato quella sentenza come un esempio della burocrazia che blocca il paese. E naturalmente tutta la grande stampa e le tv hanno raccolto e amplificato il messaggio, gridando che per colpa della burocrazia i furbetti del cartellino la faranno franca.
Dunque, secondo il presiedente del consiglio e la sua stampa, la Corte Costituzionale – cioè il presidio supremo e ultimo della nostre libertà democratiche – è burocrazia. Una burocrazia che si oppone al progresso del paese e che per questo dovrebbe essere spazzata via con la nuova costituzione, che opera una cancellazione ad ampio raggio di poteri democratici a favore del governo, che così finalmente potrebbe decidere senza intralci.
Peccato però che attualmente sia ancora in vigore la vera Costituzione e che, come suo dovere, la Corte ne abbia preteso il rispetto da parte di un governo che invece si comporta come se avesse già vinto il referendum. Il decreto Madia è stato bocciato perché non prevede alcun ruolo delle regioni in quel processo di privatizzazione e liquidazione del pubblico che costituisce il suo scopo di fondo. Si badi bene: la Corte non è arrivata a giudicare incostituzionale la svendita di servizi e stato sociale, ma ha semplicemente detto che secondo le regole vigenti il governo non può fare tutto da solo.
Apriti cielo, "la burocrazia ci blocca", ha urlato il coro dei renziani. "La legalità ci uccide", esclamò il reazionario francese Barrot nel 1849. Le classi dominanti chiamano pastoie burocratiche le regole democratiche e i diritti quando vogliono sovvertirli, quando ritengono che il loro affari ed interessi siano troppo frenati dai lacci e laccioli che vengono dalla democrazia. Questo sovversivismo dall'alto (in realtà tecnicamente eversivo) è una caratteristica storica delle classi dirigenti del nostro paese, come ci ha insegnato Antonio Gramsci sul fascismo.
E oggi questa storica insofferenza verso regole e diritti da parte dei potenti di casa nostra può godere di due fondamentali apporti. Da un lato la spinta del capitalismo finanziario multinazionale a distruggere ogni costruzione pubblica che freni il suo dominio. È stata la banca JPMorgan ad affermare brutalmente come le costituzioni antifasciste costituiscano un freno al pieno dispiegarsi delle politiche liberiste e di austerità. D'altro lato la rabbia popolare per le devastazioni della crisi a volte spinge a trovare il colpevole nel vicino di casa, migrante o impiegato pubblico a seconda delle preferenze. E il sistema mediatico da anni alimenta la guerra tra i poveri e la sfiducia verso la democrazia.
Così, quando il presidente del consiglio chiama burocrazia la democrazia, sintetizza tre spinte reazionarie. Quella delle multinazionali, quella dei nostri poteri forti di sempre, quella qualunquista di massa. Renzi tenta la stessa fusione politica riuscita al fascismo storico, naturalmente con altre forme e modi, ma con un punto comune: il ricorso alla insofferenza che in Italia c'è verso regole e diritti, il sentimento per il quale alla fine ci voglia qualcuno che comandi sul serio senza ostacoli. Una volta erano i treni che dovevano arrivare in orario, ora sono le leggi, il concetto di fondo è sempre lo stesso. Il fascismo è un' autobiografia della nazione, scrisse Piero Gobetti.
Non pensiamo quindi che le frasi reazionarie e sovversive di Renzi siano un errore; esse sono invece una calcolata ultima carta per vincere il referendum. Che la controriforma ha già perso tra la popolazione più attiva e attenta, ma che può ancora vincere se si muove la maggioranza silenziosa. Quella a cui si rivolge ora la campagna del presidente del consiglio, solleticandone i più antichi pregiudizi, risvegliandone le più irrazionali paure.
Attenzione, in un paese logorato da dieci anni di crisi economica senza uscita e da un ancora più lungo percorso di riduzione della democrazia, l'appello di Renzi al fascismo profondo che si annida nella società può avere successo.
In questi ultimi giorni di campagna referendaria vanno denunciati con forza gli interessi economici ed i poteri che si celano dietro la controriforma della costituzione. Interessi e poteri che in caso vittoria si considererebbero svincolati da ogni limite. Va diffuso l'allarme democratico per un successo del SI, che farebbe un danno persino superiore a quello dei contenuti autoritari della costituzione renziana.
Dobbiamo far capire che basta un SI per rovinarci

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