lunedì 5 giugno 2017

QATAR,UN CAPRO ESPIATORIO?

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Nel giorno dell'anniversario dell'invasione israeliana che attaccò Siria,Egitto e Giordania nota come la guerra dei sei giorni,il Medio Oriente trema ancora per la decisione di cinque Stati(Egitto,Arabia Saudita,Emirati Arabi,Bahrain e Yemen)di interrompere le relazioni diplomatiche con il Qatar per via dei finanziamenti all'Isis e ad altre organizzazioni terroristiche(madn domande-e-risposte-sulle-origini-del.genocidio palestinese ).
Oltre a questo interrotte anche le linee aeree e i collegamenti navali con lo staterello arabo,importate crocevia tra l'Europa e il resto dell'Asia,in una guerra interna all'islamismo sunnita che è quello di Daesh,o meglio i principali gruppi fanatici del terrore sono di questa branca dell'Islam,ed oltre alle accuse che da sempre sono state mosse alla stessa Arabia Saudita,vengono fuori anche presunti finanziamenti a gruppi iraniani sciiti.
Il Qatar respinge ai mittenti le accuse e parla di gravi ingerenze che potrebbero portare a conflitti:fa specie anche la scelta dello Yemen di fede sciita ma dobbiamo tenere conto che vi è in atto una guerra dovuta alla relativa invasione dei sauditi(madn linvasione-via-terra-dello-yemen ).
La decisione alla base dell'annuncio(contropiano egitto-arabia-saudita-rompono-le-relazioni-qatar )è la naturale conseguenza della visita di Trump delle scorse settimane e sembra che si sia voluto trovare un capro espiatorio che non sia l'Arabia per fare vedere al mondo che si sta tentando di fare qualcosa(madn un-accordo-in-vista-tra-israele-e-gli stati del golfo ).
Prima conseguenza l'aumento del prezzo del petrolio e un gran timore per lo stato che tra quelli delle petrolmonarchie è il più occidentalizzato e sede di Al Jazeera e prossima sede dei mondiali di calcio del 2022...e qui se sia parla di pallone allora qualche sviluppo a breve ci sarà(vedi anche:madn ma-chi-ferma-i-veri-stati-canaglia).

Egitto e Arabia Saudita rompono le relazioni con il Qatar.

Accelerazione senza precedenti della crisi in Medio Oriente. Per la prima volta da molti decenni si rompe – e in modo clamoroso – l’unità delle petromonarchie del Golfo.
Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi e Bahrain hanno annunciato lo stop dei rapporti diplomatici col Qatar. Pressoché immediata dovrebbe essere l’interruzione delle relazioni diplomatiche e dei collegamenti aerei e navali. Ma è l’accusa ad essere altamente conflittuale: sostegno ai gruppi islamici e terroristici, oltre ad imprecisate «interferenze» delle vicende interne del Bahrein, un piccolissimo paese di fatto controllato dal Ryadh (una rivolta popolare venne soffocata proprio dalle truppe del potente vicino).
Un’accusa fin rivolta, in modo coperto e a mezza voce, a tutte le petromonarchie, con l’Arabia Saudita in prima fila (11 dei 16 attentatori dell’11 settembre erano sauditi di buona famiglia, lo stesso Osama Bin Laden, ecc; vedi anche http://www.repubblica.it/esteri/2017/06/05/news/attentato_londra_2017_isis_pieter_van_ostaeyen-167268779/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T2).
I ripetuti attentati jihadisti nelle metropoli occidentali hanno evidentemente fatto aumentare la pressione sulle petromonarchie perché chiudano i rubinetti finanziari e i legami con le milizie più estremiste. E le vecchie ruggini tra i diversi paesi – il Qatar è quello più «occidentalizzato», tanto da ospitare il più importante media globale in lingua araba (Al Jazeera) ed essere scelto come sede dei campionati di calcio del 2022 – hanno raccolto queste pressioni tentando di concentrare sul solo Qatar la condanna internazionale.
I quattro paesi che ora accusano il Qatar sono un pilastro dell’universo sunnita (la più diffusa tra le varianti islamiche), ma molto diversi tra loro. L’Egitto ha una popolazione considerevole, ma scarse risorse (anche il turismo è crollato in seguito ai numerosi attentati anti-occidentali e contro i cristiani copti), mentre Arabia Saudita, Bahrein ed Emirati Arabi galleggiano sul petrolio con una popolazione ridotta all’osso (il grosso dei lavoratori sono immigrati, soprattutto dall’Asia meridionale).
E’ da sottolineare come l’accusa di «sostenere il terrorismo» sia declinata in un senso molto particolare: «il sostegno alle attività terroristiche armate e i finanziamenti legati a gruppi iraniani». E dovrebbe ormai essere assodato che non ci sono affatto gruppi jihadisti sciiti (l’Iran è i paese più importante di questa seconda variante islamica), mentre ovviamente esistono milizie popolari sciite sia in Libano (Hezbollah) che in Iraq (parzialmente incorporate nell’esercito regolare).
Come «prova», i quattro paesi accusatori portano alcuni commenti fatti online dall’emiro Tamim al Thani sull’Iran e contro Israele. Per la cronaca, il Qatar sostiene che quei commenti siano stati frutto di un attacco hacker, e non scritti da rappresentanti del governo.
Il prezzo del petrolio ha immediatamente preso a salire, mentre le cancellerie di tutto il mondo stanno prendendo le misure a questa nuova fonte di crisi.
Sembra infatti abbastanza evidente che in qualche misura si tratti del primo effetto palese della recente visita di Donald Trump nell’area, con lo strombazzato invito a un’«alleanza contro il terrorismo». Detto fatto: le petromonarchie che sostengono Isis, Al Qaeda, Al Nusra, ecc, si preparano a combattere l’Iran e quei paesini più riluttanti a fare altrettanto.

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